Torino

La Chiesa di San Lorenzo a Torino

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di Alessandro Cora

Perfezione matematica e simboli nascosti

La sua cupola è unanimemente considerata uno dei massimi capolavori dell’architettura barocca in Europa. La sua facciata non esiste, o meglio, esiste, ma non è quella che avrebbe dovuto essere. La sua struttura, come un libro segreto di pietra, parla attraverso il linguaggio dei simboli e dell’allegoria. Di che cosa stiamo parlando? Naturalmente della straordinaria Chiesa di San Lorenzo a Torino, progettata dall’abate modenese Guarino Guarini tra il 1668 e il 1680.

 

La chiesa è, al contempo, la celebrazione di un importante evento storico, un luogo sacro di rara spiritualità e un’opera d’arte e di ingegneria unica al mondo. Tra echi di architettura moresca, rigidi calcoli matematici e strutturali, simboli teologici e filosofici, c’è chi giura di scorgere addirittura tracce di inquietanti, arcane presenze. Del resto l’uomo che la progettò era un vero genio del suo tempo: teologo, filosofo, matematico, ingegnere e architetto, c’è chi dice addirittura esoterista, ma quella era un’epoca in cui magia e scienza, naturale e soprannaturale, dialogavano e si compenetravano, rendendo difficile stabilirne i confini.

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Volete saperne di più? Cominciamo dalla storia della Chiesa di San Lorenzo a Torino

Il bel rilievo in marmo bianco che orna l’altare maggiore della chiesa raffigura il Duca Emanuele Filiberto di Savoia, sul campo di battaglia a San Quintino. E’ il 10 di agosto del 1557 e il Duca sta pronunciando il voto di fare edificare una chiesa dedicata al santo del giorno della vittoria: San Lorenzo. Per ragioni di ordine economico e pratico, però, il voto sarà compiuto più di un secolo dopo per volontà dei Duchi di Savoia per l’ordine dei chierici teatini, al quale Guarini stesso apparteneva.

Osserviamo ora la chiesa dall’esterno, nel contesto uniforme, elegante e severo degli edifici di Piazza Castello. Se non siamo sufficientemente distanti per notare l’emergere della cupola, stentiamo ad accorgerci di essere sulla soglia di un edificio sacro. Il fronte, infatti, è quello, rettilineo, di un’abitazione civile: la facciata progettata da Guarino Guarini non fu infatti mai costruita, probabilmente perché avrebbe turbato la regolarità urbanistica della piazza, che era uno degli ideali estetici della città sabauda. Ecco perché, una volta varcato il vestibolo, i nostri occhi fanno fatica ad abituarsi allo stupore: in netto contrasto con l’anonima facciata, esplode l’esuberanza barocca. La pianta quadrata su cui si innesta un ottagono è opportunamente nascosta da un magnifico gioco di superfici concave e convesse che non lasciano più alcuno spazio alla linea retta. La decorazione a marmi policromi è ricchissima e le cappelle laterali ospitano meravigliosi altari decorati. Sul pavimento, una stella a otto punte indica la direzione dei lati dell’ottagono nascosto. Ma è sollevando lo sguardo che ci si trova di fronte all’ “atterrimento dell’animo” che l’architetto intendeva provocare: quattro grandi finestre lasciano penetrare la prima luce. Sui quattro archi che le sormontano poggia un tamburo circolare sul quale si snoda una meravigliosa cupola a otto archi intrecciati che suddividono lo spazio in otto scomparti traforati da otto finestre ovali. La suggestione ispano-moresca della cupola della Mezquita di Cordoba si arricchisce delle ardite innovazioni di Guarini, che progetta aperture dove nessuno avrebbe osato immaginarle, svuotando la materia e lasciando penetrare, al suo posto, la luce.

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Il numero otto, è facile intuirlo, può essere letto come simbolo matematico dell’infinito.

Alla luce di questa considerazione possiamo immaginare allora la chiesa come il simbolo dell’elevazione dalla caducità delle cose terrene verso l’eternità: il numero otto (simbolo dell’Infinito e, dunque, del Divino), invisibile nell’aula poiché la pianta ottagonale è nascosta dalla decorazione (che simboleggia la materia), si fa via via più evidente man mano che lo sguardo sale verso la cupola dove ogni elemento compare ripetuto otto volte. La materia si fa luce divina, la caducità si fa infinito.

E poi, le quattro cappelle laterali, nelle cui volte sono presenti dei fori circolari che si aprono sul buio. Nei giorni dei solstizi e degli equinozi, la luce naturale del sole ne illumina l’interno, facendo magicamente – anzi, scientificamente – apparire degli affreschi nascosti.

E se questo non dovesse bastarvi, qualcuno dice di scorgere, nell’intreccio degli archi della cupola, dei volti minacciosi che scrutano i visitatori come antiche maschere orientali.

Un progetto consapevole o semplice pareidolia? Venite a scoprirlo con me!

Guida turistica di  – Alessandro Cora

Alessandro Cora

Sono Alessandro, guida abilitata in Piemonte. Dal 2004 accompagno i visitatori alla scoperta delle meraviglie della mia Regione. Torino e le Residenze Sabaude UNESCO, splendide città d'arte, borghi pittoreschi, paesaggi mozzafiato, montagne, colline, vigneti, risaie e romantici laghi, grandi vini e…
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