Di fontane a Roma ce ne sono numerose, questo è certo. La più celebre è la Fontana di Trevi, ma molte altre sono capaci, anche con monumentalità, di rendere la Città Eterna ancora più bella. Roma, però, ospita anche fontane meno conosciute ma molto interessanti, curiose per la propria origine e non solo. Fontane piccoline ma che meritano tutta la nostra attenzione, come la cosiddetta Fontana dei Libri. A pochissimi passi dalla sede del Senato della Repubblica italiana, a pochi metri dalla centralissima Piazza Navona, ecco una fontana che vi stupirà, per molte ragioni.
Innanzitutto, c’è da dire come la Fontana dei Libri sia moderna, poiché fa parte del progetto, voluto da Mussolini, che prevedeva l’esaltazione degli storici rioni romani mediante la realizzazione di specifiche fontane. Il sovrintendente di tale lavoro fu Pietro Lombardi, l’architetto che nel 1927 firmò il progetto per questa fontana. Siamo in Via degli Staderari, il cui nome trae la sua origine da tutte quelle botteghe, poste qua nella zona, in cui si producevano bilance e stadere. A Roma moltissimi sono gli esempi di come la toponomastica moderna derivi dall’attività artigiana del passato, come Via dei Giubbonari o Via dei Chiavari. Ma c’è un fatto che rende il tutto ancor più interessante. Originariamente, infatti, la viuzza in cui oggi fa bella mostra di sé la Fontana dei Libri non si chiamava Via degli Staderari. Inizialmente, infatti, questa era posta lungo il lato corto di Palazzo Madama, che ospita il Senato d’Italia. L’edificio fu ammodernato e allargato, tanto che l’originale via sparì. Per questo la strada ad essa parallela prese il suo attuale nome, perdendo quello antico: Via dell’Università.
E qui torna in gioco la Fontana dei Libri su cui, come potete ben comprendere dal nome, si notano in primo piano dei voluminosi tomi in travertino. Libri che, certamente, avrebbero potuto essere molto utili in ambito universitario, come il nome originale della strada suggerisce. Ed ecco il primo riferimento storico, e direi anche culturale, della Fontana dei Libri, la quale poggia sul muro laterale di un edificio storico di Roma. Qui, infatti, dove oggi campeggia con le sue incredibili forme, affacciandosi sul cortile interno, la meravigliosa Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza del Borromini, ebbe la sua primissima e storica sede l’Università La Sapienza di Roma. La prima dell’Urbe, fondata addirittura sette secoli fa. Oggi il campus è da tutt’altra parte, ma i grandi libri che danno il nome alla fontana ci danno l’indizio decisivo per comprendere quale sia la relazione tra essa e il palazzo a cui è oggi appoggiata. La Fontana dei Libri, però, mostra anche altro. Innanzitutto l’onnipresente SPQR (Senatus Populusque Romanus), uno dei simboli di Roma. E poi anche la testa di un cervo, da cui si dipana un nome: Sant’Eustachio. Cosa rappresentano?
Da sapere che il rione simboleggiato dalla Fontana dei Libri è il Sant’Eustachio, il più piccolo di Roma. Da qui ecco la spiegazione del nome tratteggiato sulla fontana, sebbene ci sia un incisivo errore. Se leggete bene, infatti, sulla Fontana dei Libri troverete scritto Eustachio con un C in più! Errore abbastanza madornale, non c’è che dire, o forse semplicemente un modo un po’ più antico di nominarlo, fatto sta che salta sicuramente all’occhio come incongruenza.
E allora il cervo? L’animale ha a che fare con l’agiografia del santo. Eustachio, secondo la tradizione e la Legenda Aurea, era originariamente chiamato Placido. Questo era il suo nome quando era un semplice cittadino romano, e pagano, amante come molti della caccia. Un giorno, tentando di catturare un cervo, ebbe una visione. Sopra il palco grandioso dell’animale apparve una croce splendente, e subito Placido ebbe il cuore convertito, e con risolutezza abbracciò il Cristianesimo, cambiando il nome in Eustachio. Divenuto cristiano fu perseguitato e infine ucciso. Si narra che abitasse proprio qui in zona, laddove oggi sorge la storica chiesa di Sant’Eustachio (punto di riferimento per gli sbandati e i poveri della zona grazie alla preziosa opera di assistenza portata avanti dalla chiesa). Il cervo, spesso sormontato da una croce, divenne automaticamente simbolo dell’intero rione.