Torino

Torino e il Cioccolato

Arturo Mercandetti
di Arturo Mercandetti

I giandujotti penso siano abbastanza conosciuti in tutta Italia, i cremini Fiat forse anche, il tipico bicerin sicuramente meno, ma…come mai tante specialità a base di cioccolato proprio a Torino? E da quando?
Se mai vi siete posti queste domande, allora seguitemi un poco ancora e forse la storia vi potrà interessare.

Tutto comincia nella seconda metà del Cinquecento, quando Torino è da poco divenuta la nuova capitale del Ducato di Savoia ed il merito per entrambi gli eventi va ad Emanuele Filiberto “testa di ferro”, il duca che può essere considerato a buona ragione il vero padre della città moderna, della Torino che noi conosciamo.

La liberazione dall’occupazione francese e il nuovo ruolo di capitale li si devono alle virtù militari del Duca (ed ovviamente all’alleanza con la Spagna del cugino Carlo V) mentre l’arrivo del cacao in Piemonte è proprio una conseguenza del rapporto privilegiato con la terra dei conquistadores. Non è un caso che le regioni europee con la più antica tradizione nella produzione di cioccolato siano il Belgio (a quei tempi spagnolo) ed il Piemonte, le prime a ricevere il cacao dal Vicereame spagnolo del Messico.

torino mulassano

Non ci sono documenti certissimi sulle prime comparse della cioccolata in città (in quei tempi soltanto bevanda, come del resto nel Messico precolombiano): forse già impiegata per celebrare il trasferimento della capitale, la nuova specialità avrà di certo un ruolo importante nei festeggiamenti per il matrimonio del primogenito del Duca con l’Infanta di Spagna. L’evento pare abbia subito convinto la nobiltà sabauda ad adottare la nuova bevanda e borghesi e popolani non hanno poi voluto essere da meno.

Verranno così rilasciate le prime licenze di mastro cioccolatiere e nasceranno tanti piccoli produttori artigianali, una tradizione che continua, visto che le produzioni industriali, comunque di ottimo livello, sono tuttora più l’eccezione che non la regola.

Il famoso bicerin, la tipica bevanda torinese a base di cioccolata, caffè e crema di latte (in tre strati ben separati e visibili all’interno per l’appunto del bicchiere) è già nota nel Settecento. Una testimonianza autorevole ci giungerà poi da Alexandre Dumas che, durante il suo soggiorno in città, ebbe modo di gustarlo e di far sapere che “l’eccellente bevanda” aveva anche un prezzo ragionevole (3 soldi oppure 4, se con la stissa, cioè un gocciolone aggiuntivo di cioccolata fusa). La fama definitiva giungerà, comunque, con il Conte di Cavour, che non mancava mai di sostare al Caffè del Bicerin, mentre i reali erano a messa nella vicina chiesa della Consolata.

cioccolatini Torino

Per i giandujotti bisognerà attendere fino al 1865 e il loro papà è Michele Prochet, che unirà al cacao la nocciola delle Langhe, la “tonda gentile”, e avrà la brillante idea di avvolgerli nella tipica carta dorata (a quei tempi una gran novità) facendoli presentare ufficialmente da Gianduja in occasione del Carnevale. Il buon Gianduja avrebbe piuttosto a che fare con il vino, come ci dice il nome (Gian dla duja = Giovanni del fiasco), ma fu di certo un’ottima operazione di marketing!

A Torino verranno anche inventate nuove apparecchiature per la produzione del cioccolato e la fama della città arriverà a richiamarvi come apprendisti due giovanotti svizzeri, tali Cailler e Suchard, che faranno tesoro delle conoscenze apprese e porteranno in patria la nobile arte del cioccolatiere.

Nel Novecento lo slancio non si spegne, dalle praline ai bombon, dai tartufi ai cremini, dal bunet al gelato Gianduja ed ora, se mi avete seguito sin qui, varrebbe forse la pena che veniste con me a scoprire di persona segreti e specialità degli eleganti caffè storici e delle pasticcerie di Torino.

N.B: i termini piemontesi sono scritti come si pronunciano e non secondo la grafia corretta:pardon!

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Guida turistica di  – Arturo Mercandetti

Arturo Mercandetti

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